Il futuro del lavoro è condiviso. Lo afferma il Global Co-working Survey 2017, secondo cui, entro la fine dell’anno, nel mondo, saranno oltre un milione le persone ad affittare una postazione in uno spazio di co-working, circa il doppio rispetto al 2015, quando i membri erano 510mila.
«È un dato che riflette la tendenza crescente dei lavoratori che sempre di più si mettono in proprio e scelgono il co-working per avere più servizi e maggiori relazioni», spiega Paolo Campagnano, fondatore di Impact Hub Trentino, appartenente alla rete internazionale Impact Hub che conta oltre 90 spazi nei cinque continenti. «D’altra parte però sempre più aziende devono garantire una maggiore qualità della vita lavorativa ai dipendenti, adattandosi alle esigenze di conciliazione, permettendo così anche soluzioni di telelavoro. In questo senso il co-working è un’ottima soluzione».
Ad utilizzare gli spazi sono per la maggior parte piccole aziende (47%), seguite da freelance (20%) e da dipendenti di grandi aziende che lavorano da remoto (12%).
E se le persone che lavorano negli spazi condivisi sono sempre di più, ad aumentare sono anche i luoghi in cui affittare una scrivania. Appena due anni fa, infatti, i co-working erano 8.700, quest’anno, a livello globale, si calcolano circa 13.800 spazi. Ad essere cresciuto, secondo il report, anche il numero di persone per spazio, in media oggi i membri sono 74, rispetto ai 49 del 2015. Una tendenza che si ritrova anche nell’intenzione dei manager dei co-working di ingrandirsi, se infatti il 27% punta ad acquistare nuove scrivanie e ampliare il proprio spazio, il 39% intende invece aprire una nuova location.
Il nostro valore va oltre le mura e le scrivanie, la cosa veramente interessante è che siamo dei veri e propri hub di talenti e competenze
Attrarre nuovi membri continua ad essere l’imperativo dei manager degli spazi, se infatti molti hanno già ampliato i propri uffici, hanno bisogno di nuovi utenti per riempirli. Il turnover infatti rimane alto, così come la concorrenza perché, in un panorama in cui l’offerta cresce in continuazione, tenersi stretti i propri clienti diventa più difficile. Secondo il Global Co-working Survey, infatti, solo il 54% dei membri ha in programma di rimanere fedela al proprio spazio di co-working, un numero in netto calo rispetto all’anno precedente, quando ad essere certi di non voler cambiare spazio erano il 65% dei membri.
«Per vincere sui competitor, oltre ad avere spazi puliti ed efficienti, bisogna lavorare soprattutto sui servizi e sulla community. Alcuni puntano molto sull’offerta di soluzioni che facilitino la conciliazione, affiancando anche asili, servizi babysitteraggio e di svolgimento delle commissioni, come la lavanderia e la posta», continua Campagnano, secondo cui la partita della concorrenza si gioca però soprattutto sul campo relazionale. «Bisogna lavorare su più livelli. Chi sceglie di lavorare in un co-working non ha solo bisogno di servizi hardware, ma cerca anche una dimensione di relazioni soddisfacente. Ciò che definisce il vero valore aggiunto per i membri è la community e le opportunità che questa rappresenta».
Elementi confermati dalla Global Workspace Association, secondo cui i traini che fanno scegliere alle persone questa soluzione lavorativa sono prima tutto le opportunità di networking, seguite dal senso di comunità, in grado di stimolare creatività e innovazione, la collaborazione e infine il risparmio, perché, si sa, collaborando si abbattono i costi.
Positive le aspettative per il nuovo anno tra chi in co-working ci lavora: il 61% dei membri si aspetta infatti un aumento del proprio reddito e del lavoro, mentre il 73% è sicuro che aumenterà la propria rete di contatti. Netta nelle aspettative per il futuro, la divisione tra chi è dipendente e chi invece è imprenditore o freelance. Più fiduciosi nei confronti del futuro i lavoratori che hanno un posto fisso, mentre gli imprenditori e i freelance prevedono di aumentare solo la propria quantità di tempo libero. Secondo Campagnano è proprio su questo divario di aspettative che vi sono le opportunità maggiori per i co-working.
«Il nostro valore va oltre le mura e le scrivanie, la cosa veramente interessante è che siamo dei veri e propri hub di talenti e competenze, rappresentati nella maggior parte dei casi proprio dai freelance e dai piccoli imprenditori che spesso sono più in difficoltà, perché sono appena entrati sul mercato», spiega. «In futuro i co-working diventeranno sempre più generatori di opportunità commerciali per i membri. D’altra parte i nostri spazi sono molto ben integrati nel territorio, con una rete di conoscenze molto ampia. Saremo sempre di più dei connettori tra gli inquilini e le realtà imprenditoriali esterne. L’innovazione del modello starà soprattutto in questo».
Lo spazio, insomma è destinato a diventare una commodity, ciò che conta di più in un’economia della condivisione, in cui a valere è sempre di più l’intangibile, sono ancora una volta le relazioni. «La chiave del successo sarà la nostra rete e la capacità di creare connessioni tra il tessuto economico locale e le nuove realtà, più bisognose di aiuto per trovare nuovi clienti e spiccare il volo. Dovremo essere sempre meno autoreferenziali. L’obiettivo non sarà più solo quello di riempire gli spazi ma aiutare i nostri membri a crescere».