Città diverse, idee simili. Il Covid-19 ha cambiato le priorità di chi abita nelle grandi metropoli europee, come Berlino, Londra, Madrid, Milano e Parigi: lo dimostra l’ultimo City Living Barometer di Arup, società specializzata in progettazione e consulenza, che sottolinea la necessità per le città di ripensarsi una volta che sarà finita l’emergenza sanitaria.
«Abbiamo l’opportunità di imparare dalla pandemia e di diventare più resilienti», ha sottolineato Malcom Smith, Global Masterplanning e Urban design leader di Arup. Sono tre le priorità emerse dalla ricerca, come è stato anche sottolineato da Stefano Recalcati, Associate Director di Arup Italia: «Ripensare i piani terra degli edifici per avere più spazi dove inserire servizi per la collettività; introdurre negli edifici di nuova realizzazione spazi a uso comune, dove promuovere forme di coworking di vicinato, spazi di gioco e svago. E infine incentivare nei nuovi sviluppi urbani delle forme organizzate di comunità di quartiere, con luoghi dedicati, che aiutino a creare un maggior senso di identità».
La pandemia ci ha avvicinato alla visione della città di 15 minuti poiché per molti ha tagliato il pendolarismo. Ha messo in luce l’importanza dello sviluppo di città in moduli più piccoli, con servizi essenziali concentrati attorno a centri comunitari.
I 5mila intervistati della ricerca hanno evidenziato alcune particolari preferenze e in generale tutti hanno sottolineato un significativo aumento della qualità della vita durante la pandemia. Ad esempio, i londinesi hanno molto apprezzato la presenza di meno traffico (37%) e la riduzione dell'inquinamento atmosferico (30%), oltre che il trascorrere più tempo con i bambini (25%). Inoltre, il sondaggio ha anche mostrato che oltre la metà (52%) dei londinesi ha utilizzato i negozi locali durante i lockdown e che addirittura i tre quarti (77%) si aspettano di continuare a fare acquisti a livello locale dopo la pandemia.
Secondo gli intervistati, la migliore qualità di vita si registra nelle città che dispongono del verde o dei servizi ad appena 15 minuti a piedi o in bicicletta. «La pandemia ci ha avvicinato alla visione della città di 15 minuti poiché per molti ha tagliato il pendolarismo. Ha messo in luce l’importanza dello sviluppo di città in moduli più piccoli, con servizi essenziali concentrati attorno a centri comunitari. Spero che il Covid-19 porti a molti interventi su scala ridotta ma diffusi, come il portare gli spazi verdi in luoghi grigi, dare la priorità al ciclismo e alle passeggiate e rivalutare i servizi locali», ha evidenziato Smith.
Secondo la ricerca, gli intervistati hanno stimato a Londra una distanza dal verde e dai servizi intorno ai 23 minuti, seguita da Berlino (16), Parigi (15,5), Milano e Madrid (13,1). Un dato che spiega bene anche il perché della leadership della capitale britannica nella speciale classifica su chi abbia pensato di cambiare città durante la pandemia – il 59% degli intervistati ci ha effettivamente riflettuto – e su chi si sia effettivamente spostato durante la pandemia – il 41% dei londinesi contro il 20% dei parigini, il 13% dei berlinesi e il 12% di milanesi e madrileni. La distanza eccessiva dal luogo di lavoro è anche il motivo per cui l’80% degli intervistati londinesi è favorevole allo smart working, seguito dal 50% di Madrid, dal 49% di Milano e dal 46% e 40% di Parigi e Berlino.
La distanza eccessiva dal luogo di lavoro è anche il motivo per cui l’80% dei londinesi è favorevole allo smart working, seguito dal 50% di Madrid, dal 49% di Milano e dal 46% e 40% di Parigi e Berlino.
La pandemia ha anche evidenziato ansie e paure di chi vive in città. Secondo quanto evidenzia il City Living Barometer, tre quarti degli intervistati (74%) sono adesso più preoccupati per future pandemie, oltre la metà (55%) si dimostra preoccupata per il cambiamento climatico mentre il 54% teme il sovraffollamento delle metropoli. Un generale senso di pessimismo per il futuro è avvertito da tutti gli intervistati: secondo il 46% ci vorrà un anno o anche di più per tornare alla normalità, mentre una minoranza significativa del 7% pensa che non torneremo mai più a come eravamo in precedenza.
Per questa ragione, le città devono seriamente iniziare a pensare al loro futuro. Tra le priorità indicate dal City Living Barometer di Arup c’è sicuramente la pedonabilità delle metropoli: un passaggio importante, perché rendere le strade a misura di pedone significherebbe rendere più felici l’ambiente e le stesse persone, che sarebbero obbligate a camminare e a creare relazioni con il proprio quartiere e i propri vicini.
Uno step fondamentale è anche ricostruire le città: molte dispongono di aree verdi difficilmente accessibili e spesso stritolate dal cemento. Una soluzione possono essere i parklet modulari usati per esempio nella città di Liverpool, che combinano fioriere e arredi urbani dando la possibilità ai cittadini di vivere in maniera più rilassata. Altra questione da risolvere sono gli spazi da occupare: secondo Arup, è importante riservare spazi pubblici per il gioco cercando di costruire una città a misura di bambino che renderebbe più rilassati grandi e piccini, e di immaginare spazi multifunzionali in grado di riutilizzare le strutture esistenti in maniera provvisoria oppure riadattando quelle da tempo abbandonate.
Infine, Arup consiglia di utilizzare in misura maggiore la tecnologia per immaginare il futuro delle città. Uno scenario possibile con i gemelli digitali, copie virtuali delle metropoli utili per sperimentare l’impatto di determinate scelte ambientali, valutando rischi e opportunità per i cittadini.