Segnatevi questa espressione: “career coach”. Per almeno due buoni motivi. Il primo è che potrebbe tornarvi utile in futuro, quando sarete in un momento di difficoltà o di indecisione. Il secondo riguarda invece la possibilità che – chissà – questo mestiere faccia proprio per voi.
Di cosa si tratta? Parliamo di una figura in rapida ascesa nel mercato del lavoro e che si occupa di affiancare i clienti per prendere le migliori decisioni riguardo alla propria carriera lavorativa, attraverso valutazioni pertinenti al merito dell’occupazione ma anche tramite consigli personali che rendono il career coach una sorta di consigliere per le diverse situazioni.
A spiegarci meglio i segreti di questa figura è Luca Isabella, che da diversi anni svolge proprio questa professione a Milano.
Dottor Isabella, partiamo dall’inizio: come si diventa career coach?
Ho iniziato a occuparmi di coaching alla fine degli anni Novanta, quando qui da noi era poco diffuso. Ho una formazione da ingegnere gestionale, a indirizzo organizzativo. A mano a mano ho sviluppato una forte competenza sul business coaching per gli executive, attraverso una mia metodologia fatta di competenze di management, di coaching/counselling, comunicazione e tecnologia.
Ma che competenze sono necessarie per fare questo mestiere?
Penso occorra conoscere a fondo il mercato del lavoro nei settori in cui si è maturata una significativa esperienza. Da questa premessa, va da sé che il career coach deve avere un certo grado di seniority e deve essere un professionista aggiornato sui vari trend. Oltre a questo, deve avere delle competenze da “coach”, ovvero essere uno “sherpa” per raggiungimento dell’obiettivo del coachee. Spesso, si pensa che il career coach “ti trova lavoro” attraverso contatti più o meno efficaci. Questo non solo è falso, ma anche foriero di cocenti delusioni.
Per fare questo mestiere occorre conoscere il mercato del lavoro, essere sempre aggiornato sui trend e avere capacità da "coach"
Chi è il suo cliente tipo? Uno studente che non sa come muoversi? Un professionista che deve capire come specializzarsi?
Lavoro prevalentemente con professionisti, quadri e dirigenti. Tuttavia, adoro lavorare con i giovani, spesso “pro bono”, se vedo in loro della voglia di migliorare e migliorarsi. Francamente, non me la sento di farmi pagare le tariffe che spesso vengono applicate nel mondo del coaching, che spesso sono assurde anche per me. Ogni caso è a sé, difficile dare dei suggerimenti che valgano per tutti, se non quello di avere coraggio, impegnarsi ed essere “generalisti specializzati”.
Che cosa intende?
Una prima domanda da porsi nel determinare il proprio posizionamento è: "Voglio collocarmi come generalista o specialista?". Un generalista ha più concorrenza, ma la sua offerta incontra un pubblico più vasto. Uno specialista ha meno rivali, però il target è molto più ridotto. Se hai più di una competenza e sei apprezzato in ambiti professionali diversi, posizionarti come generalista potrebbe essere una buona idea. Se ti specializzi in un determinato ambito, il tuo pubblico si riduce. Per ovviare al problema, devi catturare maggiormente l'attenzione. A tale scopo, devi eccellere nella tua specialità; meglio ancora: primeggiare.
Come scegliere?
Probabilmente la soluzione sta nel mezzo, quello che io chiamo il "generalista specializzato". Poniti come un generalista con in più delle abilità e delle competenze specializzate, meglio se in un ambito che sta particolarmente a cuore al tuo target. Così avrai un portafoglio di potenziali clienti più ampio e al contempo potrai attrarre chi necessita di servizi specifici.
Perché il mercato del lavoro del futuro avrà bisogno crescente di career coach?
Il mondo è sempre più complesso e connesso. Lo stesso concetto di “carriera” è in un certo modo obsoleto. Quando mi sono laureato all’inizio degli anni Novanta, da neoingegnere il percorso era in buona parte definito. Oggi il concetto di “carriera”, intesa come un percorso lineare “dalla base al vertice”, richiede forti competenze, una gran capacità di adattamento, un apprendimento continuo e una continua attività di networking.
Spesso il concetto di carriera è in conflitto con la vita personale, ma tendo ad avere un approccio olistico alle persone, scandagliando i valori
Ogni persona è diversa: come si adattano i consigli sulla carriera a storie e caratteri molto diversi tra loro?
Io tendo a non dare troppi consigli, anche se la “pappa pronta” è allettante. Il mio contributo è basato sulla mia grande passione per le persone. Le “storie” delle persone aiutano a capire la loro identità, valori, convinzioni, competenze e l'ambiente in cui agiscono. A volte metto in comune le storie in una forma di peer coaching, perché si crei rete al di là delle ore passate nelle sessioni.
Come funziona l’aiuto che un career coach dà al suo cliente?
Io tendo a seguire una quantità limitata di coachee con un approccio personalizzato. A parte la definizione degli obiettivi e un colloquio iniziale di un paio d’ore per conoscersi meglio, il resto si svolge con un programma definito e condiviso. Uso tutti i mezzi di comunicazione oggi a disposizione, da GSuite, a Skype, messaggistica, email e così via. A volte, alcuni coachee mi chiamano a valle di un colloquio e io sono sempre disponibile, è il mio stile.
Il lavoro di un career coach riguarda solo consigliare il meglio per la carriera lavorativa o inserire e adattare quella carriera in un contesto (città, famiglia, figli, altre esigenze) con cui si devono raggiungere compromessi?
Mi fa piacere che mi venga posta questa domanda. Molto spesso, il concetto di carriera è in conflitto con la vita personale, ma oggi sono cambiate molte cose. La distinzione è meno netta, soprattutto nelle nuove generazioni. Purtroppo, la società italiana non brilla per flessibilità e quindi ci si trova di fronte a un mondo del lavoro sempre più globale e un’Italia ancora bloccata. Nella mia attività cerco sempre di avere un approccio olistico alle persone, scandagliando i valori. E sa una cosa? Alla fine, la carriera non è al primo posto.