«In un mondo in cui sono disponibili infinite scelte, in pochi click, la creazione di significato è una nuova frontiera di competizione». È dunque inevitabile, racconta il CEO di Strategic Narrative, Andrew Chakhoyan, che il meaning-making si trovi ad affrontare il problema della narrazione.
Creare senso comune
Una narrazione, spiega Chakhoyan, ha sempre a che vedere con stratificazioni complesse di significati ed emozioni, più che con singoli obiettivi da condividere o da raggiungere. Articolando la sua narrazione strategica un’azienda può centrare tre obiettivi:
- trovare significato al di là della creazione di valore per gli azionisti;
- conferire autenticità al proprio messaggio grazie alle proprie azioni, poiché le azioni sono immediatamente comunicative e “parlano” più delle parole;
- garantire continuità valoriale, quando è necessario rivedere alcuni obiettivi – cosa non infrequente in un periodo di crisi.
La narrazione strategica non è semplice comunicazione. Non riguarda il passaggio di un messaggio da un emittente a un consumatore finale. È, piuttosto, un processo che coinvolge emittente e ricevente e, in questo coinvolgimento, crea una cornice di senso.
In un mondo in cui sono disponibili infinite scelte, in pochi click, la creazione di significato è una nuova frontiera di competizione
Si tratta di un fattore complesso che – spiega Mark Bonchek, in un pezzo pubblicato quindici anni fa per la Harvard Business Review che diede la svolta al tema – «definisce la visione dell'azienda, comunica la strategia e ne incarna la cultura». Solo al termine di questi tre passaggi, conclude Bonchek, oggi docente della Singularity University, una narrazione può dirsi “strategica” e iniziare ad essere diffusa.
La narrazione strategica, spiega ancora Chakhoyan, è «un modo per un dirigente d'azienda di spiegare perché la sua azienda esiste, cosa rappresenta e perché qualcuno dovrebbe interessarsene. È il modo in cui si va oltre il discorso aziendale e il linguaggio contabile, entrando in quello dell’autenticità e delle emozioni umane».
Se un tempo le aziende competevano unicamente sulla qualità e sul prezzo, oggi il campo del significato è diventato il nuovo terreno di sfida. «In un mondo in cui infinite scelte sono disponibili in pochi click, il meaning making è una nuova frontiera».
La connessione emotiva
Non si tratta più di ciò che le aziende fanno e nemmeno di come lo fanno. Le domande a cui bisogna rispondere riguardano il perché lo fanno. Qualità e significato dell’agire diventano veri e propri asset strategici, parte del capitale narrativo dell’azienda.
Una narrazione strategica regge fino a quando reggono le sue condizioni di coerenza, ovvero il fatto che ogni singola azione sia leggibile all’interno di una visione complessiva delle cose. Un esempio è Tesla, la cui narrazione strategica vede azioni assolutamente allineate con le proprie premesse valoriali.
Narrare è connettere emotivamente
Sia che si tratti del lancio di un prototipo o di un nuovo modello di vettura elettrica la coerenza del messaggio, spiega Andrew Chakhoyan, non deriva da un racconto a posteriori, ma viene da dentro. La storia che raccontano è più grande del prodotto che propongono e stabilisce una connessione emotiva (emotional connection) che ha permesso a Tesla di ricevere il punteggio più alto nel Consumer Report dello scorso anno, con un grado di soddisfazione del 99% tra i proprietari di Tesla Model S.
Il caso Tesla: «narrare è connettere»
La ragione è nella narrazione strategica di Tesla che coinvolge i propri utenti legando il loro prodotto a uno scopo più alto: farli sentir parte della probabile soluzione al problema dell’approvvigionamento energetico sul pianeta.
La narrazione strategica di Tesla ha così innescato quella che nel settore si definisce oramai un’economia emotiva. Quelli di Tesla non sono, infatti, semplici clienti: sono attivisti, fan, appassionati che creando fandom, ovvero comunità, raduni e meet-up per connettersi tra loro diventando moltiplicatori attivi del messaggio e parte integrata della narrazione strategica.
La ragione per cui il cofondatore di Tesla Elon Musk, in un momento particolarlmente critico per la comunicazione aziendale a causa del fallimento nel lancio di alcuni modelli, ha potuto far appello alle comunità di guidatori e appassionati (le cosiddette Tesla Communities) per «smascherare le fake news che stanno attaccando la nostra credibilità» è oggi considerata una conseguenza della narrazione strategica complessiva del marchio e un segno di leadership narrativa.
Deriva da qui un modo di dire diventato comune nel mondo della narrazione strategica: «Tesla fans are crazy advocates». I fan di Tesla sono matti, ovvero attribuiscono un profondo significato emotivo alla loro vettura, la considerano un mezzo, all'interno di un fine più grande. Sono parte attiva di una narrazione del cambiamento.