Nel rapporto The Future of Jobs 2020, rilasciato a fine ottobre, il World Economic Forum ha tracciato la mappa dei posti di lavoro e delle competenze del futuro.
L'obiettivo di Future of Jobs è quello di fare luce sulle perturbazioni legate alla pandemia nel 2020, contestualizzate in una più lunga storia di cicli economici, e sulle prospettive previste per l'adozione di tecnologie, posti di lavoro e competenze nei prossimi cinque anni.

Lo scenario 2025: tecnologia e lavoro
Si prevede che il ritmo di digitalizzazione e di incremento tecnologico rimarrà invariato, ma accelererà in alcuni ambiti del terziario. Tra le priorità che emergono vi sono l'adozione integrale di cloud computing, una maggior consapevolezza sul valore dei big data e sull'e-commerce finalmente inteso come asset strategico. Cresceranno anche attenzione e investimenti nei campi della cybersecurity e della crittografia. Oltre che nella robotica umanoide.
Davanti a questo primo scenario, sorge dunque una questione: il numero di posti di lavoro persi in conseguenza delle implementazioni tecnologiche sarà compensato da nuovi posti di lavoro creati da nuove mansioni e competenze?
Secondo il World Economic Forum, a differenza degli anni scorsi, il numero di nuovi posti di lavoro creati decrescerà, al punto che entro il 2025 manager e imprenditori prevedono che ruoli e mansioni di vecchio tipo passeranno dal costituire il 15,4% della forza lavoro al 9%, con un 6,4% di riduzione. Le professioni emergenti passeranno invece dal 7,8% al 13,5% con una crescita del 5,7%.

Sulla base di queste cifre, il WEF stima che, entro il 2025, 85 milioni di posti di lavoro potrebbero cambiare "posizione" a causa dello spostamento delle mansioni da uomo a macchina, mentre «potrebbero emergere 97 milioni di nuovi ruoli più adatti alla nuova divisione del lavoro tra uomo, macchina e algoritmi».
Lavoro: non distruzione, ma trasformazione
Più che di distruzione, si parla dunque di una trasformazione. Una trasformazione che rende sempre più cruciale il ruolo delle nuove skills. Una trasformazione che, per la maggior parte degli white collars, è già realtà.
Per gli analisti del World Economic Forum, infatti, l'84% dei datori di lavoro è destinato a digitalizzare rapidamente i processi, aumentando significativamente il lavoro agile, smart e il telelavoro. Potenzialmente, il 44% della forza lavoro globale potrebbe, stando allo scenario, spostarsi in modalità di lavoro a distanza.

«Per affrontare i problemi di produttività e benessere, circa un terzo di tutti i datori di lavoro si aspetta di adottare misure per creare un senso di comunità, di connessione e di appartenenza tra i dipendenti attraverso strumenti digitali e per affrontare le sfide di benessere poste dal passaggio al lavoro a distanza». Ma al lavoratore verranno chieste nuove, imprescindibili skills.
La capacità delle aziende globali di sfruttare il potenziale di crescita dell'adozione di nuova tecnologia «è ostacolata dalla carenza di competenze». I datori di lavoro intervistati attraverso il Future of Jobs Survey riferiscono che, in media, «offrono l'accesso alla riqualificazione e all'aggiornamento professionale al 62% della loro forza lavoro, ma entro il 2025 espanderanno tale offerta ad un ulteriore 11%». Tuttavia, rimarcano dal WEF, «l'impegno dei dipendenti in questi corsi è in ritardo»: solo il 42% dei dipendenti si avvalgono oggi di opportunità di riqualificazione e upskilling.
Paradossalmente, la mancanza di skills è ritenuta più alta proprio tra le professioni emergenti.

Nuove skills contro vecchi gap
Le skills gap continueranno ad essere elevate, visto che le competenze richieste cambieranno nei prossimi cinque anni? Si sta andando verso skills più umanistiche, spendibili in ogni frangia del mercato? Queste sono le domande che chiedono risposte immediate, ma capaci di generare valore sul medio e lungo periodo.
Le principali competenze e skills che i datori di lavoro considerano in aumento nel periodo fino al 2025 comprendono gruppi come il pensiero critico e l'analisi, nonché il problem solving, le abilità di autogestione come l'apprendimento attivo, la resilienza, la tolleranza allo stress e la flessibilità.
Molto importanti saranno anche le cross-cutting skills. Le competenze trasversali più richieste saranno in product marketing, digital marketing e interazione uomo-macchina.

In media, le aziende stimano che circa il 40% dei lavoratori chiederà una riqualificazione di sei mesi o meno e il 94% dei dirigenti d'azienda riferisce di aspettarsi che i dipendenti acquisiscano nuove competenze sul lavoro. Un incremento netto rispetto al 65% del 2018.
Oltre il lavoro per il lavoro: scuola e formazione
Oltre alla competenze ritenute importanti e al reskilling per chi già è inserito nel mondo del lavoro, il WEF registra l'importanza, nel contesto post-Covid 19, di impostare fin da subito percorsi di formazione e crescita che permettano alle nuove generazioni di maturare le skills del futuro. In particolare, si punta a una formazione che abbia le capacità di autogestione.
La necessità di investire sulle nuove skills si lega allo scenario sulla necessità nel breve e nel medio-lungo periodo di convivere con il lavoro ibrido e da remoto. Proprio da questo scenario emerge infatti la necessità di insistere su abilità cooperative e qualitative come la consapevolezza, la mediazione, la gratitudine e la gentilezza.
Per tale ragione, concludono gli analisti di The Future of jobs 2020, i datori di lavoro punteranno più «sull'informale piuttosto che su formale». L'aspettativa, però, è che i programmi di apprendimento di un'organizzazione riescano a «combinare diversi approcci, attingendo a competenze interne ed esterne, a nuovi strumenti tecnologici per l'istruzione e utilizzando ibridi». Lo scopo è l'acquisizione fin da oggi delle qualità, delle competenze e della abilità necessarie per disegnare nuove mappe nel lavoro di domani.