Flexicurity. È con questa parola – che unisce la flessibilità del mercato ai sussidi statali per favorire la transizione da un lavoro ad un altro – che si potrebbe sintetizzare la visione del mondo del lavoro di Emmanuel Macron, presidente della Repubblica francese. Eletto lo scorso anno, Macron ha basato buona parte della campagna elettorale sulla riforma del lavoro, in parte già entrata a regime.
Il Macron-pensiero prevede innanzitutto la possibilità di negoziare i contratti di lavoro a livello aziendale, e non soltanto a livello nazionale. Maggiori libertà per le imprese quindi, che possono discutere coi singoli lavoratori i dettagli dei contratti, non più vincolate agli accordi collettivi.
Altra novità è l’abolizione della clausola della “salute globale dell’azienda”, che consentiva di bloccare i licenziamenti collettivi nel caso l’azienda avesse avuto i conti in attivo. Nel nuovo codice, il giudice portà opporsi ai licenziamenti soltanto se la sezione francese dell’impresa in questione avrà i conti a posto, senza più fare riferimento al bilancio generale.
Ancora: le compensazioni economiche per i licenziamenti ingiusti saranno stabilite per legge da una tabella, che per la verità esisteva anche prima della riforma, ma restava per lo più inapplicata poichè i giudici tendevano a privilegiare i lavoratori con conguagli più “generosi”.
Le imprese con meno di 50 dipendenti potranno poi beneficiare di maggiori libertà, per esempio nella gestione della sicurezza dei lavoratori e della loro rappresentanza, che saranno affidate a un’unica struttura. A cambiare saranno anche i contratti a tempo determinato, liberalizzati dalla riforma: se prima la loro durata e la possibilità di rinnovo (fino a un massimo di due volte) erano stabilite dalla legge, adesso queste condizioni potranno essere discusse in maniera autonoma dalle aziende dei diversi settori con i sindacati.
A una maggiore flessibilità corrisponderà un impegno, da parte dello Stato, nel tutelare i lavoratori senza occupazione.
A una maggiore flessibilità corrisponderà però un impegno, da parte dello Stato, nel tutelare i lavoratori che rimangono senza occupazione. Per funzionare al meglio, infatti, un sistema molto flessibile ha bisogno che i lavoratori non siano impauriti dalla prospettiva di rimanere senza lavoro e siano invece convinti di poter trovare un posto, magari migliore di quello precedente, in tempi rapidi, senza nel frattempo dovere dare fondo ai propri risparmi.
Per questo Macron ha previsto sussidi statali non soltanto per chi viene licenziato, ma anche per chi decide di dimettersi e di cercare un altro lavoro, con l’idea che il lavoratore che trova un ambiente più stimolante diventa a sua volta più produttivo, con conseguenti vantaggi per lo Stato. Manovra costosa, ma che Macron intende coprire svuotando parte dei molti sussidi presenti (per malattie, disoccupazione ecc) e accorpandoli in una specie di fondo unico.